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Stop all’assegno di mantenimento per chi sceglie il part-time

La Cassazione penalizza chi sceglie il part time

Stop all’assegno di mantenimento per chi sceglie il part-time: la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5242/2024, ha emesso una sentenza destinata a fare discutere.

L’assegno di mantenimento non spetta a chi, pur avendo le capacità per lavorare a tempo pieno, sceglie di mantenere un impiego part-time senza valide giustificazioni.

La suddetta pronuncia, che si inserisce in un contesto giuridico dove i conflitti su questo tema sono frequenti e complessi, ha confermato che il diritto al mantenimento non è automatico.

Quest’ultimo richiede una valutazione rigorosa della situazione economica e lavorativa del richiedente.

Secondo l’art. 156 del Codice Civile, infatti, l’assegno di mantenimento può essere riconosciuto solo se il coniuge richiedente non è in grado di mantenersi autonomamente e se la separazione non è a lui imputabile. Inoltre, è necessario dimostrare che l’impossibilità di mantenersi non derivi da scelte personali ingiustificate.

Nel motivare la decisione, la Cassazione ha sottolineato che il richiedente l’assegno deve dimostrare di essersi impegnato per migliorare la propria condizione economica.

Nel caso in esame, la richiedente che, peraltro, poteva vantare una consolidata esperienza professionale, non ha ha fornito prove sufficienti per dimostrare che la sua decisione di lavorare part-time fosse legata a esigenze familiari, essendo i figli ormai economicamente autosufficienti né, tantomeno, di salute.

Di conseguenza, la sua richiesta di mantenimento è stata respinta.

La Corte ha chiarito che il mantenimento non può essere richiesto da chi, pur avendo le capacità di lavorare a tempo pieno, decide di mantenere un impiego part-time per scelta personale.

I giudici hanno sottolineato l’importanza dell’autosufficienza economica, ribadendo che l’assegno di mantenimento non è una forma di sostegno senza limiti nel tempo.

Se l’ex coniuge ha la possibilità di lavorare a tempo pieno, ma non lo fa per scelta personale, non ha diritto a ricevere l’assegno.

Nell’ordinanza della Cassazione n. 5242/2024, la decisione della moglie di mantenere un orario di lavoro ridotto è stata considerata una scelta autonoma, non influenzata né dalle dinamiche del matrimonio né dalla separazione, motivo per cui le è stato negato il mantenimento.

In questo modo, la Cassazione ha implicitamente rafforzato il principio secondo cui il diritto al mantenimento richiede un concreto sforzo di autosufficienza da parte del coniuge richiedente.

Il mantenimento spetta a chi non può mantenersi da solo per ragioni oggettive, e non a chi sceglie di limitare le proprie opportunità lavorative.

Avv. Marco Pola

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