Il contratto di convivenza – Legge n. 76/2016 in vigore dal 5 giugno 2016

I conviventi di fatto possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune mediante la stipula di un contratto di convivenza redatto in forma scritta a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato. Successivamente, il professionista deve provvedere a trasmettere il contratto al Comune di residenza dei conviventi per l’iscrizione all’ufficio anagrafe.

Il contratto può contenere:

  1. indicazione della residenza dei conviventi;
  2. modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, in relazione alle sostanze di ciascuno e alla capacità di lavoro professionale o casalingo;
  3. il regime patrimoniale della comunione dei beni, salvo diverso accordo tra i conviventi.

Il contratto non può:

  1. essere sottoposto a termine o condizione;
  2. essere concluso in presenza di un vincolo matrimoniale, di un’unione civile o di un altro contratto di convivenza;
  3. essere concluso da persone non maggiorenni; contratto da persone vincolate da rapporti di parentela, affinità, adozione oppure essere stipulato da più di due persone.

Le cause di risoluzione del contratto di convivenza sono le seguenti:

  1. accordo delle parti;
  2. recesso unilaterale;
  3. morte di uno dei conviventi;
  4. matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente e altra persona.

Occorre, infine, evidenziare che qualora le parti decidano di risolvere il contratto di convivenza è necessario che si rivolgano ad un professionista.

Per approfondimenti (e per un primo appuntamento senza impegno e costi a carico del richiedente) contattare Avv. Marco Pola: 02.72022469 – marcopola@npassociati.com