Il contratto di convivenza – Legge n. 76/2016 in vigore dal 5 giugno 2016
I conviventi di fatto possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune mediante la stipula di un contratto di convivenza redatto in forma scritta a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato. Successivamente, il professionista deve provvedere a trasmettere il contratto al Comune di residenza dei conviventi per l’iscrizione all’ufficio anagrafe.
Il contratto può contenere:
- indicazione della residenza dei conviventi;
- modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, in relazione alle sostanze di ciascuno e alla capacità di lavoro professionale o casalingo;
- il regime patrimoniale della comunione dei beni, salvo diverso accordo tra i conviventi.
Il contratto non può:
- essere sottoposto a termine o condizione;
- essere concluso in presenza di un vincolo matrimoniale, di un’unione civile o di un altro contratto di convivenza;
- essere concluso da persone non maggiorenni; contratto da persone vincolate da rapporti di parentela, affinità, adozione oppure essere stipulato da più di due persone.
Le cause di risoluzione del contratto di convivenza sono le seguenti:
- accordo delle parti;
- recesso unilaterale;
- morte di uno dei conviventi;
- matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente e altra persona.
Occorre, infine, evidenziare che qualora le parti decidano di risolvere il contratto di convivenza è necessario che si rivolgano ad un professionista.