Le convenzioni patrimoniali tra conviventi

Il contratto di convivenza

Il regime patrimoniale tra i coniugi è l’insieme dei principi e delle norme con i quali il legislatore ha inteso regolare i rapporti patrimoniali tra i coniugi.
La riforma del diritto di famiglia del 1975 ha previsto, quale regime legale dei rapporti patrimoniali tra coniugi il regime della comunione legale, finalizzata a determinare la condivisione, da parte dei coniugi, degli acquisti (risparmi e beni) conseguiti dagli stessi in costanza di matrimonio (art. 177 cod. civ. )(1).
Il suindicato regime si applica in mancanza di una diversa convenzione matrimoniale, vale a dire di un contratto con il quale i coniugi stabiliscono un regime patrimoniale coniugale diverso dalla comunione legale optando, quindi, per il regime di separazione dei beni (art. 215 cod. civ. )(2), ovvero per un regime di comunione convenzionale.
Quanto alla forma della convenzioni matrimoniali, le stesse devono essere stipulate per atto pubblico a pena di nullità, ovvero dichiarate nell’atto di celebrazione del matrimonio (art. 162 cod. civ. )(3).
L’ordinamento italiano, viceversa, non prevede alcuna forma di convenzione patrimoniale nell’ambito delle unioni civili; la ragione di ciò è evidente: le unioni civili non sono regolamentate da alcuna forma di legislazione (si parla, pertanto, di “coppia di fatto”, in quanto non riconosciuta giuridicamente).
In tale ambito, pertanto, il vuoto legislativo può essere integrato dal principio dell’autonomia contrattuale (art. 1322 cod. civ. )(4).
Sul punto, proprio al fine rispondere all’esigenza di tutelare alcuni diritti nell’ambito di quelle forme di convivenza non ancora riconosciute dall’ordinamento italiano, è stato introdotto il contratto di convivenza, vale a dire un accordo in forma scritta, redatto da Notaio, con il quale la coppia di fatto – prima che abbia inizio la convivenza, ovvero nel corso della stessa – definisce le regole della propria convivenza, disciplinandone, oltre che l’assetto patrimoniale, alcuni limitati aspetti inerenti i rapporti personali.
Più in particolare, a titolo di mero esempio, il contratto di convivenza potrà regolamentare i seguenti aspetti:
– la disciplina relativa all’abitazione;
– la contribuzione alla vita domestica;
– il mantenimento del convivente in caso di bisogno;
– il contratto di affitto [sul punto si rinvia a L’abitazione dell’immobile quale presupposto della successione del rapporto locatizio (anche nel rapporto di convivenza)];
– la proprietà dei beni, anche prevedendo un regime di comunione o separazione dei beni.
Non potrà, invece, regolamentare ulteriori aspetti, tra cui i seguenti:
– il dovere di fedeltà: una regolamentazione contrattuale dello stesso, infatti, si porrebbe in contrasto con i principi Costituzionali e, precisamente, con il diritto alla libertà personale (art. 1 Cost.) e con il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero (art. 21 Cost.).
– i diritti successori: dei predetti diritti non si può disporre per via contrattuale ma, esclusivamente, per mezzo del testamento (art. 587 cod. civ. ). Sul punto si rinvia a Il testamento in caso di convivenza.

Per approfondimenti (e per un primo appuntamento senza impegno e costi a carico del richiedente) contattare Avv. Marco Pola: 02.72022469 – marcopola@npassociati.com

(1) Art. 177 cod. civ.: “Oggetto della comunione. – Costituiscono oggetto della comunione: a) gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali; b) i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione; c) i proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati; d) le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio. Qualora si tratti di aziende appartenenti ad uno dei coniugi anteriormente al matrimonio ma gestite da entrambi, la comunione concerne solo gli utili e gli incrementi”. Con riferimento al tema dei proventi dell’attività separata di ciascun coniuge, nonché del denaro personale dello stesso, la Corte di Cassazione ha precisato che :“Il denaro personale o i proventi dell’attività separata non possono essere restituiti se impiegati nell’acquisto di un bene caduto in comunione legale ai sensi dell’art. 177, comma 1, lett. a), cod. civ.. Il diritto alla restituzione sorge invece, se i beni già facenti parte della comunione legale e, conseguentemente, del “patrimonio comune” (come indicato nell’art. 192, comma 3, cod. civ.) siano oggetto di spese o investimenti anche finalizzati all’incremento del loro valore in epoca successiva all’acquisto, mediante lavori di ristrutturazione o miglioramenti” (Cfr. Cass., 9 novembre 2012, n. 19454).

(2) Art. 215 cod. civ.: “Separazione dei beni. – I coniugi possono convenire che ciascuno di essi conservi la titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio”.

(3) Art. 162 cod. civ.: “Forma delle convenzioni matrimoniali – Le convenzioni matrimoniali debbono essere stipulate per atto pubblico sotto pena di nullità. La scelta del regime di separazione può anche essere dichiarata nell’atto di celebrazione del matrimonio”. Con riguardo al tema dell’opponibilità a terzi delle convenzioni matrimoniali, la Suprema Corte precisa che “L’art. 162 c.c. condiziona l’opponibilità ai terzi delle convenzioni patrimoniali del regime matrimoniale alla annotazione del relativo atto a margine dell’atto di matrimonio” (Cass. civ. Sez. III, 23/05/2011, n. 11319).

(4) Art. 1322 cod. civ.: “Autonomia contrattuale – Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge. Le parti possono anche concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, purchè siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico”.
Art. 587 cod. civ.: “Testamento – Il testamento è un atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di gran parte di esse. Le disposizioni di carattere non patrimoniale, che la legge consente siano contenute in un testamento, hanno efficacia, se contenute in un atto che ha forma del testamento anche se manchino disposizioni di carattere patrimoniale”.