Le indagini affidate alla Guardia di Finanza

Nella materia del diritto di famiglia, e particolarmente nell’ambito dei procedimenti di separazione e divorzio, la legge attribuisce all’Autorità giudiziaria ampi poteri per l’acquisizione di prove in ordine alla determinazione del reddito, del patrimonio e, più in generale, del tenore di vita dei coniugi ovvero dei conviventi, tra cui le indagini affidate alla Guardia di Finanza. Gli elementi raccolti attraverso l’attività istruttoria poc’anzi menzionata, infatti, possono essere utili per l’adozione, da parte del Giudice, di diverse tipologie di provvedimenti.
L’esercizio del menzionato potere di indagine, peraltro, presuppone l’impossibilità di rilevare in altro modo le condizioni reddituali dei coniugi o dei conviventi (ad esempio, attraverso l’esame della documentazione da questi prodotta in giudizio), nonché l’eventuale contestazione, da parte di uno dei coniugi o conviventi, dei redditi dichiarati dall’altro coniuge o convivente (la quale, peraltro, deve essere precisa e dettagliata, e non può esaurirsi nella semplice negazione delle circostanze dedotte dalla controparte).
Al riguardo, si possono distinguere tre ipotesi:

  1. Nell’ambito dei procedimenti di divorzio entrambi i coniugi, ai sensi dell’art. 5 L. 1 dicembre 1970, n. 898, sono tenuti a produrre in giudizio la propria dichiarazione dei redditi e ogni altro documento relativo al proprio reddito e al patrimonio personale e comune; qualora sorgano contestazioni in merito all’entità di questi ultimi, il Giudice può disporre, anche a mezzo della Polizia Tributaria, specifiche indagini, che possono essere estese alla rilevazione dell’effettivo tenore di vita dei coniugi (1).
  2. Nei procedimenti di separazione, l’art. 337 ter (già 155) cod. civ. autorizza il Giudice, ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento in favore dei figli, a disporre accertamenti di Polizia Tributaria sui redditi dei coniugi (2) che non abbiano fornito, in proposito, informazioni sufficientemente documentate, nonché sui beni oggetto di eventuali contestazioni (anche se intestati a soggetti diversi).
  3. In base al disposto degli artt. 342 bis e 342 ter cod. civ. e dell’art. 736 bis cod. proc. civ., qualora la condotta di uno dei coniugi o dei conviventi sia causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale o alla libertà dell’altro coniuge o convivente, il Giudice può adottare una serie di provvedimenti a tutela di quest’ultimo (ad esempio, l’allontanamento dalla casa familiare del responsabile degli abusi o il divieto di avvicinamento, per lo stesso soggetto, ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima degli abusi stessi) e può altresì disporre – eventualmente, anche a carico del datore di lavoro del responsabile dei maltrattamenti – il pagamento periodico di un assegno a favore del coniuge o del convivente che rimane, per effetto dei summenzionati provvedimenti, privo di adeguati mezzi di sostentamento; al fine di determinare l’importo di tale assegno, il Giudice, ove occorra (ossia nelle ipotesi sopra indicate), può ordinare l’effettuazione di accertamenti sui redditi, sul tenore di vita e sul patrimonio personale e comune delle parti (3).

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(1) Art. 5 L. 898/1970 (nel procedimento di divorzio) (1) Il Tribunale adito, in contraddittorio delle parti e con l’intervento obbligatorio del pubblico ministero, accertata la sussistenza di uno dei casi di cui all’art. 3, pronuncia con sentenza lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio ed ordina all’ufficiale dello stato civile del luogo ove venne trascritto il matrimonio di procedere alla annotazione della sentenza. (2) La donna perde il cognome che aveva aggiunto al proprio a seguito del matrimonio. (3) Il Tribunale, con la sentenza con cui pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, può autorizzare la donna che ne faccia richiesta a conservare il cognome del marito aggiunto al proprio quando sussista un interesse suo o dei figli meritevole di tutela. (4) La decisione di cui al comma precedente può essere modificata con successiva sentenza, per motivi di particolare gravità, su istanza di una delle parti. (5) La sentenza è impugnabile da ciascuna delle parti. Il pubblico ministero può ai sensi dell’art. 72 del codice di procedura civile, proporre impugnazione limitatamente agli interessi patrimoniali dei figli minori o legalmente incapaci. (6) Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il Tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive. (7) La sentenza deve stabilire anche un criterio di adeguamento automatico dell’assegno, almeno con riferimento agli indici di svalutazione monetaria. Il Tribunale può, in caso di palese iniquità, escludere la previsione con motivata decisione. (8) Su accordo delle parti la corresponsione può avvenire in unica soluzione ove questa sia ritenuta equa dal Tribunale. In tal caso non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico. (9) I coniugi devono presentare all’udienza di comparizione avanti al presidente del Tribunale la dichiarazione personale dei redditi e ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune. In caso di contestazioni il Tribunale dispone indagini sui redditi, sui patrimoni e sull’effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria. (10) L’obbligo di corresponsione dell’assegno cessa se il coniuge, al quale deve essere corrisposto, passa a nuove nozze. (11) Il coniuge, al quale non spetti l’assistenza sanitaria per nessun altro titolo, conserva il diritto nei confronti dell’ente mutualistico da cui sia assistito l’altro coniuge. Il diritto si estingue se egli passa a nuove nozze.

(2) Art. 337 ter (ora Art. 155 cod. civ.) In caso di separazione, riguardo ai figli si applicano le disposizioni contenute nel capo II del titolo IX (art. 337 bis ss. cod. civ, ndr). Art. 337 bis cod. civ. Ambito di applicazione. In caso di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio e nei procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio si applicano le disposizioni del presente capo. Art. 337 ter cod. civ. Provvedimenti riguardo ai figli. (1) Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. (2) Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, nei procedimenti di cui all’art. 337 bis il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, ivi compreso, in caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori, l’affidamento familiare. All’attuazione dei provvedimenti relativi all’affidamento della prole provvede il Giudice del merito e, nel caso di affidamento familiare, anche d’ufficio. A tal fine copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del pubblico ministero, al Giudice tutelare. (3) La responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la responsabilità genitoriale separatamente. (4) Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando: 1) le attuali esigenze del figlio; 2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori; 3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore; 4) le risorse economiche di entrambi i genitori; 5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore. (6) L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice. (7) Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi.

(3) Art. 342-bis cod. civ. Ordini di protezione contro gli abusi familiari. Quando la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell’altro coniuge o convivente, il giudice, su istanza di parte, può adottare con decreto uno o più dei provvedimenti di cui all’articolo 342 ter.
Art. 342 ter cod. civ. Contenuto degli ordini di protezione. (1) Con il decreto di cui all’articolo 342 bis il giudice ordina al coniuge o convivente, che ha tenuto la condotta pregiudizievole, la cessazione della stessa condotta e dispone l’allontanamento dalla casa familiare del coniuge o del convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole prescrivendogli altresì, ove occorra, di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall’istante, ed in particolare al luogo di lavoro, al domicilio della famiglia d’origine, ovvero al domicilio di altri prossimi congiunti o di altre persone ed in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia, salvo che questi non debba frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro. (2) Il giudice può disporre, altresì, ove occorra l’intervento dei servizi sociali del territorio o di un centro di mediazione familiare, nonché delle associazioni che abbiano come fine statutario il sostegno e l’accoglienza di donne e minori o di altri soggetti vittime di abusi e maltrattati; il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto dei provvedimenti di cui al primo comma, rimangono prive di mezzi adeguati, fissando modalità e termini di versamento e prescrivendo, se del caso, che la somma sia versata direttamente all’avente diritto dal datore di lavoro dell’obbligato, detraendola dalla retribuzione allo stesso spettante. (3) Con il medesimo decreto il giudice, nei casi di cui ai precedenti commi, stabilisce la durata dell’ordine di protezione, che decorre dal giorno dell’avvenuta esecuzione dello stesso. Questa non può essere superiore a un anno e può essere prorogata, su istanza di parte, soltanto se ricorrano gravi motivi per il tempo strettamente necessario. (4) Con il medesimo decreto il giudice determina le modalità di attuazione. Ove sorgano difficoltà o contestazioni in ordine all’esecuzione, lo stesso giudice provvede con decreto ad emanare i provvedimenti più opportuni per l’attuazione, ivi compreso l’ausilio della forza pubblica e dell’ufficiale sanitario.
Art. 736 bis cod. proc. civ. Provvedimenti di adozione degli ordini di protezione contro gli abusi familiari. (1) Nei casi di cui all’articolo 342 bis del codice civile, l’istanza si propone, anche dalla parte personalmente, con ricorso al tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell’istante, che provvede in camera di consiglio in composizione monocratica. (2) Il presidente del tribunale designa il giudice a cui è affidata la trattazione del ricorso. Il giudice, sentite le parti, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione necessari, disponendo, ove occorra, anche per mezzo della polizia tributaria, indagini sui redditi, sul tenore di vita e sul patrimonio personale e comune delle parti, e provvede con decreto motivato immediatamente esecutivo. (3) Nel caso di urgenza, il giudice, assunte ove occorra sommarie informazioni, può adottare immediatamente l’ordine di protezione fissando l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé entro un termine non superiore a quindici giorni ed assegnando all’istante un termine non superiore a otto giorni per la notificazione del ricorso e del decreto. All’udienza il giudice conferma, modifica o revoca l’ordine di protezione. (4) Contro il decreto con cui il giudice adotta l’ordine di protezione o rigetta il ricorso, ai sensi del secondo comma, ovvero conferma, modifica o revoca l’ordine di protezione precedentemente adottato nel caso di cui al terzo comma, è ammesso reclamo al tribunale entro i termini previsti dal secondo comma dell’articolo 739. Il reclamo non sospende l’esecutività dell’ordine di protezione. Il tribunale provvede in camera di consiglio, in composizione collegiale, sentite le parti, con decreto motivato non impugnabile. Del collegio non fa parte il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. (5) Per quanto non previsto dal presente articolo, si applicano al procedimento, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti.