Il danno da genitore assente

Il danno subito dal figlio in caso di genitore assente

In alcuni casi, il comportamento del genitore che viene meno ai propri obblighi di educazione, sostegno morale o economico nei confronti dei figli, può giustificare una loro richiesta di risarcimento del danno cosiddetto “endofamiliare”. Quest’ultimo implica la necessaria sussistenza di un rapporto di natura familiare che lega danneggiante (genitore) e danneggiato (figlio) già prima del compimento dell’illecito.

L’obbligo di educare, mantenere ed assistere il proprio figlio, sancito dagli artt. 147 e 148 cod. civ., sorge al momento della nascita dello stesso, a prescindere dalla dichiarazione di paternità o maternità. Difatti, tale obbligo è connesso esclusivamente alla procreazione, così determinandosi un automatismo tra responsabilità genitoriale e procreazione che costituisce il fondamento della responsabilità da illecito endofamiliare: ci si riferisce, in particolare, all’ipotesi in cui alla procreazione non segua il riconoscimento e l’assolvimento degli obblighi conseguenti e connaturati alla condizione di genitore (quali educare, assistere e mantenere i figli). Dunque, il presupposto di tale responsabilità – e del conseguente diritto del figlio al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali – è costituito dalla consapevolezza del concepimento[1].

Il diritto del figlio ad essere educato e mantenuto non deve intendersi esclusivamente in termini materiali, dovendosi invece interpretare come il diritto del minore ad instaurare e sviluppare, fin dalla nascita, un solido rapporto con il proprio genitore, sia nella sfera affettiva che sociale. Affinché tale obbligo sia rispettato, non è dunque sufficiente la sola predisposizione di sostegni economici, rendendosi, invece, necessario dimostrare il rispetto del vincolo affettivo, in termini di tempo trascorso con i propri figli e attenzioni loro prestate.

La responsabilità del genitore che viola i propri obblighi di educazione, mantenimento, istruzione e assistenza nei confronti della prole è ormai pacificamente riconosciuta in giurisprudenza.

L’abbandono consapevole del genitore viola i doveri nascenti dal rapporto di filiazione ed è risarcibile a titolo di danno non patrimoniale poiché lesivo dello status di figlio, costituzionalmente garantito. La violazione del complesso dei doveri facenti capo al genitore naturale, cui corrispondono diritti inviolabili e primari della persona del destinatario costituzionalmente garantiti (di cui agli articoli 2 e 30 Cost.), comporta, infatti, la sussistenza di un illecito civile[2].

In altri termini, il totale disinteresse di un genitore nei confronti del figlio, con conseguente violazione del dovere di mantenerlo, educarlo ed istruirlo, si pone in contrasto con i diritti sanciti dagli articoli 2 e 30 della Costituzione, integra gli estremi dell’illecito aquiliano di cui all’art. 2043 cod. civ. e costituisce fondamento di una domanda di risarcimento del danno non patrimoniale ai sensi dell’art. 2059 cod. civ., danno denominato “endofamiliare”.

I Giudici della Suprema Corte hanno evidenziato come la peculiare natura dello stesso influenzi la tipologia di danno che ne consegue, così come l’individuazione dell’esatto giorno a partire dal quale decorrerà il termine di cinque anni entro i quali il figlio potrà esercitare il proprio diritto risarcitorio nei confronti del genitore assente[3].

Nello specifico, il danno endofamiliare può qualificarsi come illecito istantaneo ovvero permanente: l’illecito commesso in violazione dei doveri genitoriali verso la prole, è istantaneo, ove ricorra una singola condotta inadempiente del genitore, che si esaurisce prima o nel momento stesso della produzione del danno; è permanente, quando detta condotta perduri oltre tale momento e continui a cagionare il danno per tutto il corso della sua reiterazione, poiché il genitore si estranea completamente dalla vita dei figli per un periodo significativo. Ne consegue che la natura dell’illecito incide sul termine di prescrizione, che decorre, nel primo caso, dal giorno in cui il genitore provoca il danno e, nel secondo, da quello nel quale l’illecito viene percepito o può essere percepito come danno ingiusto conseguente al comportamento del genitore con l’ordinaria diligenza[4].

Secondo pacifica giurisprudenza, è idoneo ad integrare un fatto generatore di responsabilità l’aver privato i figli della figura genitoriale paterna, che costituisce un fondamentale punto di riferimento soprattutto nella fase della crescita. Difatti, il protratto abbandono della prole da parte del genitore ha natura di illecito permanente, fonte di un danno anche di tipo non patrimoniale e, più precisamente, psicologico esistenziale, che investe direttamente la progressiva formazione della personalità del figlio (il danneggiato), condizionando lo sviluppo delle sue capacità di comprensione e autodifesa[5] e altresì di valida costruzione di rapporti interpersonali.

Si evidenzia che la voce di pregiudizio in esame non può essere precisamente quantificata in moneta e, pertanto, si impone la liquidazione (sempre in termini economici) in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 cod. civ. In concreto, per quantificare il danno endofamiliare causato da privazione del rapporto genitoriale, si può fare riferimento, ai fini della liquidazione, alla voce “perdita del genitore” prevista dalle tabelle giurisprudenziali adottate dall’Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano[6].

Infine, è bene rilevare che i Giudici della Suprema Corte hanno statuito che il figlio ignorato dal padre ha diritto a chiedere ed ottenere il risarcimento del danno da privazione del rapporto di filiazione anche se l’istanza viene presentata molti anni dopo la maggiore età, purché venga fornita la prova del danno subito, della condotta dell’obbligato e del nesso causale tra condotta e danno.

 

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[1] Trib. Grosseto, 4 luglio 2020, n. 436.

[2] Trib. Bergamo, 17 gennaio 2020, n. 142.

[3] Cass. Civ., 16 dicembre 2021, n. 40335.

[4] Cass. Civ., 10 giugno 2020, n. 11097.

[5] Cass. Civ., 16 dicembre 2021, n. 40335, cit.

[6] Trib. Milano, 23 luglio 2014.