Assegno divorzile alla ex moglie autosufficiente 

Assegno divorzile alla ex moglie autosufficiente 

Con recente Sentenza della Cassazione (10226/2022), è stato riconosciuto il diritto all’assegno divorzile alla ex moglie autosufficiente da un punto di vista economico. Nel dettaglio, in presenza di un reddito, doppio rispetto a quello dell’altro coniuge che richiede il mantenimento, nonché di un matrimonio di lunga durata (20 anni), sono stati disapplicati i criteri suggeriti da altra precedente pronuncia della Cassazione (11504/2017) la quale condizionava la concessione dell’assegno divorzile all’assenza di autosufficienza economica del coniuge richiedente.

Siamo in presenza dell’ennesimo cambio di direzione della Cassazione con l’apparente reintroduzione, quindi, per quei matrimoni di lunga durata, del criterio del tenore di vita per determinare l’ammontare dell’assegno di mantenimento. In verità, tuttavia, con la Sentenza del 2022, oggetto di esame, l’assegno in favore del coniuge più debole dal punto di vista economico, è stato riconosciuto un assegno mensile di € 250,00, importo, di per sé, abbastanza modesto e non correlato direttamente, quindi, al tenore di vita.

L’apparente cambio di direzione, peraltro, potrebbe considerarsi rispettoso dell’orientamento del medesimo organo giudicante espresso nel 2021 (n. 24250/2021) che, con riferimento all’assegno divorzile, aveva sancito il seguente principio: “il giudice deve quantificare l’assegno rapportandolo non al pregresso tenore di vita familiare, ma in misura adeguata innanzitutto a garantire, in funzione assistenziale, l’indipendenza o autosufficienza economica dell’ex coniuge, intesa in unaccezione non circoscritta alla pura sopravvivenza ma ancorata ad un criterio di normalità, avuto riguardo alla concreta situazione del coniuge richiedente nel contesto in cui egli vive, nel qual caso l’assegno deve essere adeguato a colmare lo scarto tra detta situazione ed il livello dell’autosufficienza come individuato dal giudice di merito. Ed inoltre, ove ne ricorrano i presupposti e vi sia una specifica prospettazione in tal senso, l’assegno deve essere adeguato a compensare il coniuge economicamente più debole, in funzione perequativo-compensativa, del sacrificio sopportato per aver rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali (che il coniuge richiedente ha l’onere di dimostrare nel giudizio), al fine di contribuire ai bisogni della famiglia, rimanendo, in tal caso, assorbito l’eventuale profilo assistenziale“.

Pare opportuno, quindi, cercare di individuare la direzione in cui si sta muovendo la Cassazione con la (forse, presuntuosa) descrizione dei criteri che ispirano, oggi, la quantificazione dell’assegno divorzile: il tenore di vita (durante la vigenza del matrimonio) non deve ispirare la quantificazione della determinazione dell’assegno divorzile, tuttavia, in presenza di un matrimonio di lunga durata, sussiste una casistica che giustifica il pagamento di un assegno non connesso esclusivamente all’assenza di un reddito da lavoro del coniuge richiedente l’assegno. In taluni casi, infatti, occorre compensare il sacrificio (con riferimento alla crescita ed alla realizzazione professionale-reddituale) del coniuge più debole da un punto di vista economico, con un contributo economico non circoscritto alla sopravvivenza, soprattutto laddove il richiedente si sia occupato in misura prevalente della crescita dei figli, rinunciando o compromettendo, anche solo in parte, la propria realizzazione professionale; in altri casi, invece, in presenza di una rilevante differenza di redditi tra i coniugi, la introduzione di un assegno di mantenimento, sempre in presenza di matrimoni di lunga durata, può permettere di rimediare almeno in parte quello squilibrio reddituale esistente tra i coniugi in pendenza del matrimonio.

 

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