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Le nuove relazioni sentimentali

Le conseguenze sui provvedimenti in sede di separazione

Con la separazione personale dei coniugi (sia quella giudiziale, sia quella consensuale) cessano, per i coniugi, l’obbligo di convivenza e l’obbligo di assistenza in tutte le forme che presuppongono la convivenza. Ne consegue anche una sensibile attenuazione dell’obbligo di fedeltà, nel senso che non è ritenuto illecito il comportamento del coniuge separato che intrecci nuove relazioni sentimentali, mentre è incompatibile con i residui doveri derivanti dal vincolo matrimoniale (che continua ad esistere) una condotta che possa risultare lesiva alla reputazione dell’altro coniuge.
Conseguenza diretta di quanto sopra è che viene meno la presunzione di paternità di un eventuale figlio concepito successivamente all’omologa di una separazione, sia essa consensuale o giudiziale.
Sotto il profilo giuridico, la sussistenza di una nuova relazione (un nuovo compagno o una nuova compagna) non trova ostacoli se non in relazione all’incidenza che questa potrebbe avere con riguardo alla quantificazione dell’assegno di mantenimento in favore del coniuge che ha instaurato una nuova relazione sentimentale (anche legate alla eventuale addebitabilità della separazione).
Più delicati sono i rapporti tra i figli nati dal matrimonio oggetto del procedimento di separazione ed i nuovi compagni dei coniugi che si sono separati. Questi rapporti, laddove la loro regolamentazione venga rimessa ad un Giudice, infatti, potrebbero essere del tutto esclusi in un prima fase temporale della separazione per poi essere gradualmente permessi quando la nuova relazione sentimentale diventa più stabile a livello temporale.
Il nostro ordinamento non disciplina il caso in cui il coniuge titolare di un assegno di mantenimento conviva con altra persona: non esiste cioè una norma di legge che indichi cosa ne è, in questo caso, del diritto all’assegno mensile. Tuttavia, dato che il fenomeno delle nuove famiglie di fatto dopo un matrimonio fallito è sempre più attuale ed è sempre oggetto di controversie, sul punto si è formata molta giurisprudenza.
Quattro sono le ipotesi prevalenti:
a) il caso in cui il coniuge tenuto alla corresponsione del’assegno di mantenimento costituisca un nuovo nucleo familiare dopo la separazione che nella maggiore parte dei casi non comporta alcun mutamento dell’assegno;
b) il caso in cui la convivenza more uxorio è intrattenuta, dopo la separazione, dall’avente diritto all’assegno che, invece, potrebbe comportare una riduzione dell’assegno di mantenimento;
c) l’incidenza della nuova relazione sentimentale, dopo la separazione, sull’assegno di mantenimento stabilito nella separazione a favore della prole che nella maggiore parte dei casi non influisce sulla quantificazione dell’assegno;
d) l’incidenza delle nuove relazioni sentimentali (con riguardo ad una sentenza di divorzio), sull’assegno di mantenimento in presenza di reddito del nuovo convivente del coniuge divorziato (a carico del quale è stato imposto l’obbligo di mantenimento) che nella maggiore parte dei casi non incide sulla quantificazione dell’assegno.

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1) In questa circostanza, se il coniuge separato o divorziato, tenuto alla corresponsione dell’assegno, costituisce un nuovo nucleo familiare, andando a convivere con un’altra persona more uxorio (ossia come se fossero marito e moglie), queste circostanze non legittimano di per sé una diminuzione del contributo per il mantenimento dei figli nati in precedenza, poiché è l’espressione di una scelta e non di una necessità, e lascia inalterata la consistenza degli obblighi nei confronti del coniuge beneficiario di un assegno di mantenimento e soprattutto nei confronti della prole (Cass. 22/11/2000, n. 15065). Sempre la Cassazione (sentenza del 24/4/2001, n. 12212) ha successivamente precisato che si deve considerare l’onere economico, gravante sul coniuge obbligato, derivante dal mantenimento di figli nati da una relazione extraconiugale, ma non il preteso onere di mantenimento della convivente more uxorio (Cass. 24/4/2001, n. 6017).

2) In questo caso si tratta di vedere se la convivenza del coniuge beneficiario dell’assegno, acquista carattere di stabilità e affidabilità, e sia in grado di incidere positivamente sulla sua situazione economica, annullandone o riducendone lo stato di bisogno, e risolvendosi quindi in una fonte effettiva e costante di reddito, anche senza comportare per i conviventi alcun diritto al mantenimento reciproco (Cass. 8/7/2004, n. 12557); in questo caso, la nuova relazione può incidere sull’ammontare dell’assegno fissato in sede di separazione o di divorzio, legittimando la parte obbligata a corrisponderlo a chiederne, a seconda delle circostanze, la riduzione (Cass. 22/4/1993, n. 4761) o la sospensione (Trib. Genova, 2/6/1990, Cass. 4/4/1998, n. 3503). La prova della convivenza e, soprattutto, del miglioramento delle condizioni economiche dell’avente diritto all’assegno, ovviamente, è a carico del coniuge tenuto alla sua corresponsione e deve essere inequivocabile: i giudici, per esempio (Cass. 2/9/2004, n. 17684), hanno stabilito che la targhetta sull’ingresso di casa, con i nomi dell’ex moglie e del nuovo compagno, le foto attestanti il parcheggio dell’auto della stessa presso l’abitazione del compagno, e la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà attestante la collaborazione lavorativa con il convivente, non costituiscono circostanze tali da poter essere considerate, da sole, prova sufficiente a dimostrare la stabile convivenza more uxorio dell’ex moglie ed il connesso miglioramento delle condizioni economiche della stessa, con conseguente giustificazione della richiesta di riduzione dell’assegno di mantenimento in capo all’ex marito; la convivenza more uxorio, infatti, ha natura intrinsecamente precaria, non determina obblighi di mantenimento reciproco e non ha quella stabilità giuridica, propria del matrimonio, che giustifica la definitiva cessazione dell’obbligo di corrispondere l’assegno divorzile (Cass. 26/1/2006, n. 1546). Una recente sentenza della Corte di Cassazione, e precisamente la n. 17195 dell’11 agosto 2011, ha mostrato un approccio diverso alla questione, dando rilievo all’esistenza in sé della nuova unione, indipendentemente dai suoi riflessi economici. Secondo questa pronuncia, infatti, il titolare del diritto a ricevere dall’ex coniuge un mantenimento, normalmente la moglie, perde tale diritto in caso di stabile convivenza con un nuovo partner. E ciò indipendentemente dal fatto che il nuovo compagno sia in grado di farle condurre un tenore di vita analogo a quello goduto durante il matrimonio.

3) Di natura sostanzialmente differente è l’assegno di mantenimento dovuto da uno dei due ex coniugi in favore dell’altro finalizzato al mantenimento dei figli minori. L’articolo del codice civile impone infatti ai coniugi separati o divorziati il dovere di sostenimento della prole: ciò nell’ottica di tutelare l’interesse superiore della crescita dei figli, garantendo loro il medesimo tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Giurisprudenza recente (Cassazione civile, sentenza n. 785 del 20 Gennaio 2012) ha confermato come il giudice, nel determinare in che modo i genitori debbano contribuire al mantenimento dei figli, goda della più ampia discrezionalità “con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale della prole”. “Nella determinazione dell’assegno di mantenimento a favore del figlio occorre tenere in considerazione la situazione economica dei genitori e le esigenze del minore” (Cassazione Civile, sentenza n. 15556 del 14 Luglio 2011) attraverso una “ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali delle parti” (Cassazione Civile, sentenza n. 21649 del 21 Ottobre 2010). Tale intervento giudiziale potrebbe non rendersi necessario in caso di separazione consensuale dei coniugi, i quali, nelle proprie condizioni, hanno previsto un’equa distribuzione dei doveri nei confronti della prole (ad esempio, quando uno dei due, pur percependo reddito minore, lascia la casa coniugale all’altro per favorirne i figli conviventi). Nel caso in cui al contrario i coniugi non trovino alcun accordo, la legge concede all’organo giudicante il più ampio potere discrezionale in ordine alla determinazione del quantum. In ogni caso, proprio per i concetti sopra esposti, l’eventuale nuova convivenza more uxorio o del coniuge tenuto al pagamento o del coniuge che riceve l’assegno e presso il quale è collocata la prole, di per sé, non comporta automaticamente il venir meno dell’obbligo alla corresponsione dell’assegno determinato in sede di separazione.

4) Cass. civ. Sez. I, 24-11-1999, n. 13053 : … (Omissis) … Con sentenza in data 12 aprile/3 agosto 1996 il Tribunale di Roma pronunciava la cessazione degli effetti civili del matrimonio celebrato fra Sergio Puggioni e Lucia Scorza il 25 aprile 1973; condannava il Puggioni a versare alla moglie un assegno divorzile dell’importo mensile di L. 800.000, a decorrere dal maggio 1996 da rivalutarsi annualmente sulla base degli indici Istat; dichiarava inammissibile la domanda della Scorza di liquidazione di una percentuale del T.F.R. percepito dal marito. Con ricorso depositato in cancelleria in data 19 ottobre 1996 Sergio Puggioni proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma, chiedendo in via principale che la Corte di Appello, valutate le circostanze di causa, dichiarasse che nessun assegno divorzile era da lui dovuto in favore della Scorza; in via subordinata chiedeva che l’assegno determinato dal giudice di I grado in L. 800.000 mensili, fosse ridotto a L. 200.000 mensili. Con sentenza in data 24 settembre/7 novembre 1997 la Corte di Appello di Roma accoglieva per quanto di ragione il gravame e determinava in L. 600.000 mensili l’ammontare dell’assegno divorzile dovuto alla Scorza. Ricorre per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Roma Lucia Scorza, con ricorso fondato su due motivi. Resiste con controricorso Sergio Puggioni che proporre altresì ricorso incidentale, fondato su unico articolato motivo. Motivi della decisione: Con il primo motivo la ricorrente lamenta, in relazione all’ art. 360art. 360, n. 5, c.p.c., insufficiente e contraddittoria motivazione. Rileva al riguardo la Scorza che la Corte di Appello, dopo avere affermato la finalità assistenziale dell’assegno divorzile e il diritto di essa ricorrente alla percezione dell’assegno divorzile stesso, ne ha poi ridotto l’ammontare, pur avendo ritenute infondate tutte le motivazioni addotte dal Puggioni, con ciò accogliendo quindi la richiesta da questi avanzata. Con il secondo motivo censura l’impugnata sentenza, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., per omesso esame di un punto rilevante della controversia. Deduce la ricorrente che la Corte di merito, ha dato rilievo in qualche misura alla sua convivenza con altra persona, mentre ha omesso totalmente di considerare che anche il Puggioni versava in analoga situazione, essendo anch’egli convivente con altra donna, produttrice di reddito, in quanto pubblica impiegata. Esame che avrebbe in qualche misura potuto annullare il rilievo dato alla sua posizione di convivente con altro uomo. Con il controricorso il Puggioni eccepisce l’inammissibilità del primo motivo del ricorso in quanto contenente solo censure di merito mentre contesta la fondatezza del secondo motivo del ricorso stesso, sotto il profilo dell’irrilevanza delle condizioni economiche del convivente di uno dei coniugi al fine della determinazione dell’ammontare dell’assegno divorzile dovuto all’altro coniuge. Con l’unico motivo del ricorso incidentale il Puggioni denunzia, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione dell’art. 5 della legge n. 898 del 1970 e dell’art. 115 c.p.c. Deduce al riguardo che la giurisprudenza ha elaborato nel tempo il principio che la convivenza “more uxorio”, dotata di stabilità e serietà, deve essere valutata ai fini della determinazione della posizione economica del coniuge che richieda l’assegno divorzile, potendo il tenore di vita goduto dal coniuge richiedente comportare anche la quiescenza del diritto alla percezione dell’assegno. Tale principio non è stato accolto dalla Corte di merito che ha ritenuto sufficiente una riduzione dell’ammontare dell’assegno spettante alla Scorza, senza peraltro valutare con sufficiente completezza le risultanze istruttorie. Risultanze istruttorie dalle quali emergeva che la ricorrente poteva disporre di mezzi economici tali da consentirle l’acquisto ed il mantenimento di un’auto nuova. Assume altresì il ricorrente incidentale che la Corte territoriali non ha preso in considerazione la dichiarazione scritta del figlio delle parti, nella parte relativa alla convivenza della madre con altra persona; la facoltà della Scorza di agire sul c/c del padre sul quale nel periodo 10.1.94/18.3.94 risultano certificate entrate per L. 30.119.475 ed uscite per L. 37.473.000, cifre certamente incompatibili con la condizione di pensionato del padre della Scorza, di anni 76 e con pensione mensile di L. 1.600.000. Infine rileva che anche la nuda proprietà di un appartamento e di un terreno hanno valore economico sul mercato, quando gli usufruttuari hanno un’età avanzata, al contrario di quanto ritenuto dalla Corte, territoriale. Il ricorso è infondato e va pertanto respinto. Invero riguardo al primo motivo si osserva che la Corte di merito ha correttamente applicato i principi contenuti nell’art. 5 della legge n. 898 del 1970 accertando che la ricorrente non disponeva di mezzi adeguati, circostanza questa che giustifica il riconoscimento del diritto alla percezione dell’assegno di divorzio. Ha definito poi, sempre correttamente, la natura dell’assegno di divorzio ed è passata quindi alla disamina delle situazioni patrimoniali e reddituali delle parti pervenendo alla conclusione che l’assegno divorzile era sì dovuto in favore della Scorza ma che l’ammontare dell’assegno stesso andava ridotto da L. 800.000 mensili a L. 600.000 mensili, tenuto conto delle possibilità economiche del Puggioni, accertate nel corso del giudizio e riportate in motivazione, della circostanza che il controresistente sosteneva per intero le spese necessarie per il mantenimento del figlio e che la Scorza poteva godere di una situazione abitativa presso il convivente che la esonerava dal sostenere i relativi necessari esborsi. Trattasi di valutazione discrezionale del giudice di merito che in quanto sostenuta da adeguata motivazione si sottrae al giudizio di legittimità, tenuto altresì conto che non si rinviene la denunziata contraddittorietà di motivazione, posto che la reiezione delle prospettazioni proposte dal Puggioni è stata dalla Corte finalizzata all’accertamento del diritto della ricorrente al mantenimento dell’assegno divorzile, fermo restando il potere discrezionale alla determinazione dell’ammontare dell’assegno stesso, ammontare ridotto dalla Corte territoriale con motivazione aggiuntiva e diversa rispetto alle argomentazioni svolte in precedenza, in ordine al diritto alla percezione dell’assegno. Il primo motivo va pertanto respinto. Parimenti infondato è poi anche il secondo motivo in relazione al quale basta rilevare che mentre i vantaggi di ordine economico derivanti al coniuge richiedente da una stabile convivenza, dei quali possa liberamente disporre, vanno valutati al fine di accertare se il richiedente abbia “mezzi adeguati”, tale principio non vale in senso opposto, dato che il convivente del coniuge tenuto al pagamento dell’assegno divorzile non ha alcun obbligo nei confronti del coniuge di questi, per cui i suoi redditi non possono in alcun modo essere considerati ai fini della determinazione dell’ammontare dell’assegno divorzile dovuto. Il ricorso principale va pertanto interamente respinto. Riguardo al ricorso incidentale si rileva che il Puggioni con unico motivo censura l’impugnata sentenza sotto quattro profili: a) mancata attribuzione alla convivenza della Scorza con altra persona di una valenza idonea ad escludere il diritto alla percezione dell’assegno di divorzio; b) mancata ammissione delle prove articolate in relazione alle dichiarazioni rilasciate dal figlio delle parti; c) insufficiente valutazione dei movimenti effettuati dalla Scorza sul c/c bancario n. 267937 aperto presso la Banca di Roma e fittiziamente intestato al padre; d) errata valutazione del valore della nuda proprietà di un appartamento e di un lotto di terreno. Si osserva che tutti gli argomenti cui si riferiscono le indicate censure sono stati ampiamente trattati dalla Corte di merito per cui le censure stesse si risolvono sostanzialmente in una richiesta di rivalutazione delle prove esaminate dalla Corte stessa e quindi in un nuovo esame di fatto, inammissibile in cassazione. In particolare va comunque rilevato che la Corte di merito ha ritenuto con motivazione ampia ed immune da vizi logici che nel corso del giudizio è emerso che i vantaggi derivanti alla Scorza dalla convivenza con altra persona si limitavano ai vantaggi abitativi e logistici, non essendo stata raggiunta prova di ulteriori vantaggi, la cui sussistenza non poteva desumersi dal capitolato di prova articolato dal ricorrente incidentale; che non era risultato provato che il c/c bancario fosse fittiziamente intestato al padre della ricorrente; che non era rimasta accertata una concreta possibilità di vendita da parte della ricorrente della nuda proprietà dell’appartamento e del lotto di terreno. Trattasi come appare evidente di valutazioni di fatto, non censurabili con il giudizio di legittimità. Anche il ricorso incidentale va pertanto interamente respinto. Attese le ragioni del decidere e la reciproca soccombenza delle parti, le spese del giudizio di cassazione possono essere interamente compensate. P.Q.M. (dispositivo) : Riuniti i ricorsi rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale, spese compensate. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile, in data 2 giugno 1999.