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Deducibilità fiscale degli assegni di mantenimento

Gli assegni di mantenimento sono deducibili dalla dichiarazione dei redditi. Gli assegni periodici corrisposti al coniuge, eccetto quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell’autorità giudiziaria, ai sensi dell’Art.10, comma 1, lett. c), del Tuir sono deducibili dalle tasse e dal reddito complessivo (1).

Inoltre, l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 448 del 2008 (2) ha stabilito che, nel caso di separazione consensuale, laddove non si sia in presenza di un provvedimento di un Giudice, le somme che uno dei due coniugi versa volontariamente non possono essere dedotte (3) ai sensi dell’Art. 10, comma 1, lett. c del Tuir (anche se a mero titolo di rivalutazione).

In relazione, poi, alle somme aggiuntive date insieme all’assegno di mantenimento per l’ex coniuge, ossia, quanto dato “in più” di ciò che è stato stabilito dal giudice, ebbene questo surplus non è detraibile (vd. ancora la risoluzione n. 448/E del 2008). Tali esborsi, infatti, vengono assimilati a donazioni.

Riassumendo, è possibile portare in detrazione l’assegno corrisposto all’ex coniuge, in pendenza di separazione legale, di scioglimento o di annullamento del matrimonio o di cessazione dei relativi effetti civili, purché vi sia la presenza di un provvedimento giurisdizionale ed in relazione (con riferimento agli importi) a quanto stabilito dal Giudice. Tuttavia, la deducibilità vale solo per gli assegni periodici (4), quindi, non si potrà portare in detrazione, ad esempio, l’assegno una tantum versato in sede divorzile [cfr. l’assegno di mantenimento una tantum (senza obbligo mensile)].

Concentrandoci ora sulla rivalutazione dell’assegno, l’Art. 156 del Codice Civile stabilisce che l’Autorità Giudiziaria, pronunciando la separazione, fissa, a favore del coniuge cui quest’ultima non sia addebitabile, il diritto di ricevere dall’altro coniuge il necessario per il mantenimento, qualora non abbia sufficienti redditi. La norma, però, non prevede l’adeguamento Istat; ebbene, secondo la giurisprudenza il meccanismo di rivalutazione, previsto espressamente dall’Art. 5 della Legge 1 dicembre 1970, n. 898, per l’assegno di mantenimento in caso di divorzio, é applicabile anche all’assegno di mantenimento da corrispondere in caso di separazione.

Sicché per il supremo Collegio, anche in caso di separazione, il giudice deve stabilire un criterio di adeguamento automatico per l’assegno di mantenimento, ai sensi dell’Art. 156 del Cod. Civ., in misura almeno pari agli indici Istat (cfr. Cass. 5.8.2004, n. 15101; Cass. 6.12.1999, n. 13610; Cass. 28.12.1995, n. 13131). Si ricorda, infatti, che nella citata Risoluzione n. 448/E, è evidenziato che: “Resta esclusa, inoltre, la possibilità di dedurre assegni corrisposti volontariamente dal coniuge al fine di sopperire alla mancata indicazione da parte del Tribunale di meccanismi di adeguamento dell’assegno di mantenimento.”

Sul punto, quindi, si conclude che la rivalutazione dell’assegno non è prevista automaticamente dalla Legge. Pertanto, fintanto che non sia determinata dal Giudice con sentenza, la rivalutazione non è deducibile (5). Tuttavia, i Tribunali, di norma, la prevedono nel dispositivo, per cui tali somme – se a titolo di adeguamento Istat – potranno essere portate in detrazione dall’Irpef del soggetto che le sostiene, ma solo nel caso ora detto.

Gli assegni periodici, gli assegni mensili per le mogli, corrisposti al coniuge sia a seguito di separazione legale o anche solo in caso di separazione consensuale, separati in casa, o anche in caso di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, sono deducibili dal reddito imponibile, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell’autorità giudiziaria (questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n.10323 del 10 maggio 2011). Il testo unico dei redditi, pertanto, disciplinando la deducibilità di tali voci, contenute nell’Art. 10, comma 1, lettera c) del Tuir, trova in questa pronuncia un principio basilare poiché, si ribadisce, non tutto ciò che sarà pagato al coniuge verrà dedotto, ma solo ciò che risulterà da provvedimenti giurisdizionali (anche i provvedimenti che omologano gli accordi dei coniugi).

Dunque, nel caso in cui i due ex coniugi riescano a trovare un accordo, è necessario che riflettano sull’eventuale intesa economica sul’assegno di mantenimento, alla luce di questa pronuncia della Corte di Cassazione (ordinanza n.10323 del 10 maggio 2011) (6).

Nel concludere, ripetiamo che non sono deducibili gli importi corrisposti per il mantenimento dei figli, al contrario delle detrazioni per “carichi di famiglia” sempre possibili. Secondo la normativa di settore, ogni contribuente che abbia dei familiari a proprio carico, privi di reddito o con reddito irrisorio, può godere di un beneficio fiscale al momento della dichiarazione annuale dei redditi. Sono considerati a carico: – il coniuge non legalmente ed effettivamente separato; – i figli, compresi quelli naturali riconosciuti, gli adottivi, gli affidati; – gli altri familiari (genitori, generi, nuore, suoceri, fratelli e sorelle), a condizione che siano conviventi con il contribuente.

(1) La disciplina riposa negli Artt. 10, co 1, lett. c), 50, co 1, lett. i) Tuir (Testo Unico delle Imposte sui Redditi (Legge 22 dicembre 1986, n. 917) e correlato Art.1, co. 63, Legge n. 296/2006, a tenore delle quali norme: “Sono deducibili dal reddito complessivo, se non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo, c) gli assegni periodici corrisposti al coniuge, ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell’autorità giudiziaria” (cit. art.10); “Sono assimilati ai redditi di lavoro dipendente: i) gli altri assegni periodici, comunque denominati, alla cui produzione non concorrono attualmente ne’ capitale ne’ lavoro, compresi quelli indicati alle lettere c) e d) del comma 1 dell’articolo 10 tra gli oneri deducibili ed esclusi quelli indicati alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 44” (cit. art.50); “I soggetti di cui all’articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, che deducono dal reddito complessivo somme per assegni periodici corrisposti al coniuge di cui alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 10 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, devono indicare nella dichiarazione annuale il codice fiscale del soggetto beneficiario delle somme.” (cit. art. 1, comma 63, legge finanziaria 2007).

(2) cfr. Risoluzione n. 448/E in data 19.11.2008 della Direzione Centrale Normativa e Contenzioso avente ad oggetto “IRPEF – Oneri deducibili – Art. 10, comma 1, lett. c), TUIR Rivalutazione assegno di mantenimento corrisposto al coniuge – Interpello – Articolo 11 della legge n. 212 del 2000.”

(3) Anche se la Cassazione con sentenza n. 15101 del 2004 aveva sancito che “gli assegni corrisposti in caso di separazione devono essere sottoposti a un meccanismo di incremento automatico, così come quelli versati in caso di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, adeguamento che non deve essere inferiore agli indici Istat.”

(4) Questi assegni periodici costituiscono, per il coniuge che ne beneficia, redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e “si presumono percepiti, salvo prova contraria, nella misura e alle scadenze risultanti dai relativi titoli” (artt. 50, comma 1, lett. i e 52, co. 1, lett. c, del Tuir). L’assegno, per il coniuge beneficiario, è un reddito assimilato a quello di lavoro dipendente da assoggettare a tassazione.

(5) Dal punto di vista fiscale, vd. l’Art. 10, comma 1, lett. c), del Tuir.