La Sindrome da Alienazione Genitoriale
La sindrome da alienazione genitoriale, conosciuta anche con l’acronimo inglese PAS (“Parental Alienation Syndrome”), è una dinamica psicologica disfunzionale che può colpire i minori coinvolti nella separazione o nel divorzio dei propri genitori, qualora tali vicende siano connotate da elevata conflittualità.
Descritta per la prima volta nel 1984 dallo psichiatra statunitense R.A. Gardner, la PAS è caratterizzata da due elementi essenziali e distintivi, ossia:
- il progressivo indottrinamento del minore da parte di uno dei genitori (il cosiddetto “alienante”, che coincide, generalmente, con l’affidatario del minore stesso), il quale, attraverso affermazioni o atteggiamenti costantemente critici e denigratori nei confronti dell’altro genitore (il cosiddetto “alienato”), instilla nel figlio – non sempre in modo consapevole – la convinzione che quest’ultimo sia un “reprobo” di cui sospettare o, peggio, da evitare;
- l’allineamento psicologico del minore con il genitore alienante, che viene acriticamente idealizzato in pregiudizio del genitore alienato, a sua volta oggetto di un’altrettanto acritica emarginazione da parte del figlio.
La diagnosi della sindrome da alienazione genitoriale, in base al quadro sistematico delineato dallo stesso Gardner, si fonda sull’osservazione clinica, nell’atteggiamento del figlio, di otto sintomi ben precisi:
- totale sostegno alla posizione del genitore alienante (il minore condivide integralmente le accuse o le rivendicazioni mosse da quest’ultimo nei confronti dell’altro genitore, e non è disposto a rivederle in senso critico);
- totale rifiuto delle argomentazioni addotte dal genitore alienato a propria difesa o a sostegno della propria posizione, ovvero – assai spesso – incondizionato rifiuto della persona stessa del genitore (il minore non vuole trascorrere neppure un istante in sua compagnia);
- indifferenza nei confronti dei sentimenti del genitore alienato;
- ostilità, oltre che nei confronti del genitore alienato, anche nei confronti della sua famiglia di origine;
- manicheismo (il minore considera il genitore alienante assolutamente buono e il genitore alienato assolutamente cattivo, senza sfumature intermedie);
- motivazioni palesemente assurde o inconsistenti alla base dei predetti comportamenti;
- utilizzo, direttamente nei confronti del genitore alienato ovvero in discorsi aventi ad oggetto quest’ultimo, di espressioni o di epiteti manifestamente incongruenti con la propria età (ad esempio, ingiurie a sfondo sessuale pronunziate da un bambino) e ricalcate sull’eloquio abituale del genitore alienante;
- costante esigenza di ribadire esplicitamente che l’avversione nei confronti del genitore alienato dipende da una propria decisione, presa in modo indipendente e libero da condizionamenti.
A completamento del quadro clinico, possono essere altresì presenti altri indici secondari, come la cosiddetta “somatizzazione del rifiuto” (il minore accusa malesseri più o meno importanti nelle occasioni in cui deve incontrare il genitore alienato) ovvero l’adozione di comportamenti provocatori nei confronti del genitore alienato (in modo da provocare reazioni che “giustifichino” accuse e critiche).
L’insorgenza della sindrome da alienazione genitoriale è molto più frequente nei figli delle coppie nelle quali erano presenti, anche in costanza di rapporto, atteggiamenti di indifferenza e mancanza di empatia ovvero “lotte per la supremazia” tra i partners, i quali, in sede di separazione o divorzio, tendono a perpetuare tali dinamiche servendosi dei minori come di strumenti di affermazione della propria personalità.
A lungo termine, la PAS può comportare conseguenze estremamente serie per i minori che ne sono affetti, le quali spaziano dalla difficoltà nell’instaurare valide relazioni affettive al rifiuto dell’autorità costituita anche nel contesto sociale, sino a giungere a veri e propri problemi di identità e di percezione di sé.
Per quanto Gardner, nel tempo, abbia suffragato la propria descrizione della sindrome da alienazione genitoriale mediante numerosi studi e pubblicazioni che hanno trovato spazio sulle pagine delle più importanti riviste specializzate , l’analisi e l’esistenza stessa della predetta sindrome sono tuttora oggetto di vivace discussione all’interno della comunità scientifica; a livello internazionale, l’autorevole Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM) non menziona la PAS nella propria quinta edizione, pubblicata nel 2013, mentre in Italia, a fronte di alcune prese di posizione favorevoli al riconoscimento della sindrome e alla sua inclusione nella nomenclatura ufficiale degli abusi psicologici sui minori , si sono registrate anche numerose voci fortemente critiche in tal senso .
Anche nelle aule di Tribunale i Giudici di merito hanno dato rilevanza a diagnosi di PAS in merito all’adozione di provvedimenti di affidamento di minori, mentre la Corte di Cassazione ha avuto modo, in diverse occasioni, di affermare che la PAS deve considerarsi “una teoria non ancora consolidata sul piano scientifico, ed anzi molto controversa”, mettendo in luce “le perplessità del mondo accademico internazionale” e concludendo come “non possa ritenersi che, soprattutto in ambito giudiziario, possano adottarsi soluzioni prive del necessario conforto scientifico, come tali potenzialmente produttive di danni ancor più gravi di quelli che le teorie ad esse sottese, non prudentemente e rigorosamente verificate, pretendono di scongiurare.”