Assegno di mantenimento: tutela in caso di mancato pagamento

In sede penale

L’assegno di mantenimento e gli alimenti
L’assegno di mantenimento e gli alimenti sono forme di assistenza economica, da un coniuge verso l’altro coniuge, stabilite dal Giudice, ovvero concordate tra le parti, in sede di separazione consensuale. Finalità dell’assegno è quella di aiutare economicamente il coniuge economicamente più debole, ovvero, aiutare economicamente il coniuge presso il quale sono stati collocati i figli nati in costanza di matrimonio. Medesimo assegno è previsto anche in caso di cessazione di un rapporto di convivenza con prole, da parte di un genitore in favore dell’altro genitore, al fine di garantire il mantenimento dei figli. L’assegno di mantenimento è finalizzato a garantire a chi lo riceve le stesse condizioni economiche che aveva nel corso del matrimonio. Gli Alimenti, invece, sono corrisposti per fronteggiare difficoltà economiche riguardanti il soddisfacimento dei bisogni primari dell’ex coniuge, non essendovi in grado di farsi carico autonomamente, come, peraltro, meglio analizzato in La differenza tra alimenti e mantenimento.

La tutela in ambito penale dell’obbligo di mantenimento/alimenti:

– in caso di separazione

Quando il coniuge obbligato si sottrae ai propri doveri di mantenimento stabiliti dal Giudice che ha decretato la separazione, la vittima di tale condotta, a certe condizioni, può trovare tutela nell’Art. 570, comma 2, Codice Penale(1). La violazione dell’obbligo di mantenimento deve aver causato il venir meno dei mezzi di sussistenza(2) al soggetto che ne ha diritto e che si trova in stato di bisogno: figli minori o inabili al lavoro, ascendenti o coniuge al quale non può essere imputata per colpa la separazione. Altro presupposto è la possibilità economica del coniuge obbligato di adempiervi. Il reato è escluso se quest’ultimo prova l’assoluta impossibilità economica di adempiere(3) , se pure parzialmente.

La pena prevista è la reclusione fino ad un anno congiuntamente alla multa da Euro 103 ad Euro 1032.

Costituendo obbligo morale e giuridico, ai fini della rilevanza penale della sua violazione, il mantenimento dei figli minori grava anche in caso di separazione di fatto(4) .

Per effetto della Legge n. 689/1981, il reato di mancato pagamento dell’assegno di mantenimento in favore dell’ex coniuge, in sede di separazione (diversamente da quanto previsto per l’ipotesi di privazione dei mezzi di sussistenza in danno dei figli minori che è perseguibile d’ufficio), è perseguibile mediante querela dell’offeso(5) , da presentarsi entro tre mesi dal momento in cui viene a conoscenza della volontà dell’obbligato di non adempiere ai suoi doveri.

– in caso di divorzio

La Legge n. 74/1987 ha finalmente introdotto una tutela penale anche per il coniuge divorziato avente diritto all’assegno divorzile(6) , in caso di mancata sua corresponsione da parte del coniuge obbligato. Tale fattispecie è punita con la pena prevista dall’Art. 570, comma 2 Codice Penale: la reclusione fino ad un anno e/o la multa da Euro 103 ad Euro 1032.

Viene punito dalla norma il mancato pagamento anche parziale dell’assegno stabilito in sede di divorzio a favore del coniuge e/o dei figli.(7)

Il reato è escluso se l’obbligato al pagamento prova l’assoluta impossibilità economica di adempiervi. Persiste, come per il coniuge separato, nel caso di assegno in favore del coniuge divorziato, la mera perseguibilità del predetto reato soltanto tramite querela della persona offesa.

– in caso di affidamento condiviso dei figli

La Legge n. 54/2006 ha previsto una tutela penale per il caso in cui il reato venga integrato in ipotesi di affidamento condiviso dei figli(89 . L’Art. 3 di tale Legge punisce la mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento fissato dal giudice al momento dell’affido congiunto con una sanzione identica a quella applicata in caso di mancata corresponsione dell’assegno divorzile.

Per la Tutela in caso di mancato pagamento dell’assegno di mantenimento – alimenti (in sede penale) si rinvia all’omonimo contributo.


(1) L’Art. 570 cod. pen., rubricato “Violazione degli obblighi di assistenza familiare”, è inserito nel capo IV del codice e dispone” Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla patria potestà, o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 103 a euro 1032. Le dette pene si applicano congiuntamente a chi (…) 2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa. Il delitto è punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma. Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un’altra disposizione di legge”.

(2) È opinione unanime in dottrina ed in giurisprudenza, che la disposizione prevista dall’Art. 570, comma 2 non abbia carattere astrattamente sanzionatorio dell’inadempimento del giudicato civile che stabilisce l’obbligo alimentare. Infatti, lo “stato di bisogno” del soggetto passivo comprende il solo obbligo alla somministrazione dello stretto necessario per vivere e costituisce una categoria più ampia di quella civilistica di “mantenimento” e “alimenti”. Il Tribunale di Firenze, in una recentissima pronuncia, ha confermato tale interpretazione: “Il delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare si configura ogni qualvolta l’agente fa mancare, ai soggetti indicati dalla previsione incriminatrice di cui all’Art. 570 c.p., i necessari mezzi di sussistenza, costituiti non solo dagli alimenti, in senso civilistico, bensì da tutto quanto necessario al fine di soddisfare i bisogni della vita secondo la condizione economica del beneficiario” (Trib. Firenze, sez. II, Sentenza del 19/06/2013).

(3) L’obbligato deve fornire idonee e convincenti prove circa la sua impossibilità di adempiere. A tal fine, non risultano sufficienti per la giurisprudenza né la mera documentazione formale dello stato di disoccupazione, né la dimostrazione di una mera flessione degli introiti economici o la generica allegazione di difficoltà. La Cassazione ha affermato recentemente che: “incombe all’interessato l’onere di allegare gli elementi dai quali possa desumersi l’impossibilità di adempiere alla relativa obbligazione, del tutto inidonea essendo a tal fine la dimostrazione di una mera flessione degli introiti economici o la generica allegazione di difficoltà” (Cass. pen. sez. VI, Sentenza n. 8063 dell’8/02/2012). Per altro verso, non sussistono obblighi di assistenza economica nei confronti del coniuge al quale sia stata addebitata la separazione. In caso di separazione per colpa reciproca la mancata corresponsione alla moglie dei mezzi di sussistenza non integra l’ipotesi delittuosa dell’Art. 570, comma 2.

(4) La Corte di Cassazione ha rilevato l’importanza di tale contributo, ribadendo che “i genitori hanno l’obbligo giuridico, oltre che morale, di contribuire al mantenimento dei figli. Tale obbligo prescinde quindi da un provvedimento del tribunale in sede di separazione e sussiste anche nel caso di una separazione di fatto. In proposito questa Corte ha espressamente precisato che “l’obbligo di assicurare i mezzi di sussistenza al figlio minore grava su entrambi i coniugi, permane indipendentemente dalle vicissitudini dei rapporti coniugali, e ricorre anche nel caso in cui alla sussistenza del minore provvede in tutto o in parte l’altro genitore con il proprio reddito di lavoro o con l’aiuto di altri congiunti, atteso che tale sostituzione non elimina lo stato di bisogno in cui versa il soggetto passivo, del quale, anzi, costituisce la prova” (Cass. pen., sez. III, sentenza n. 17843 del 5/5/2008).

(5) Per effetto dell’Art. 90 della L. n. 689 del 24/11/198, normativa che si inserisce nel nuovo quadro di tutela della famiglia, il regime di procedibilità è profondamente cambiato: non più procedibilità d’ufficio in tutti i casi, ma salvo le ipotesi di cui al comma 1 dell’Art. 570 c.p. (malversazione o dilapidazione dei beni del figlio minore o del coniuge e della privazione dei mezzi di sussistenza in danno dei discendenti di età minore, ancora procedibili d’ufficio, è sempre richiesta la querela di parte.

(6) L’Art. 12 sexies della L. n. 898 del 1/12/1970, introdotto dall’Art. 21 della L. n. 74 del 6/3/1987, dispone che “al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione dell’assegno dovuto a norma degli artt. 5 e 6 della presente legge si applicano le pene previste dall’Art. 570 del codice penale”. Tale norma ha integrato un vuoto di tutela, che ha portato spesso in passato, tanto dottrina quanto la stessa giurisprudenza, ad adottare soluzioni controverse. Dibattito ancora aperto, invece, circa la pena da applicarsi: vi è chi ritiene che la pena da applicarsi sia quella alternativa della reclusione o della multa e chi sostiene la necessità di una loro applicazione congiunta, come nel caso di divorzio, argomentando una certa affinità tra gli istituti del divorzio e della separazione.

(7) L’Art. 12 sexies della L. n. 898/1970, infatti, prevede l’automatica sanzionabilità della condotta consistente nel mancato pagamento dell’assegno stabilito in sede di divorzio a favore del coniuge o dei figli, salvo, ovviamente, la prova fornita dall’obbligato di una sua incapacità ad adempiervi. La Corte di Cassazione, in una recentissima, ha confermato la diversità delle due fattispecie, affermando che “va affermata la completa autonomia tra il reato di cui all’Art. 570, comma 2 c.p., ed il reato di cui all’Art. 12 sexies della L. n. 898/1970 (Divorzio) che, pur possedendo quale caratteristica comune l’inadempimento all’obbligazione fissata dal giudice civile, divergono quanto agli ulteriori elementi costitutivi, richiedendo il primo l’ulteriore condizione dello stato di bisogno del creditore, insussistente nel secondo caso, il cui elemento specializzante è costituito dalla presenza della sentenza di divorzio e di un assegno determinato in sede giudiziaria. Ne consegue che la disposizione speciale richiede sul piano economico un minus rispetto alla previsione codicistica, situazione che evidenzia la totale autonomia delle fattispecie” (Cass. pen., sez. VI, Sentenza del 16/04/2013).

(8) L’Art. 3 della Legge n. 54 dell’8/2/2006 statuisce che “in caso di violazione degli obblighi di natura economica si applica l’art. 12 sexies della legge 1 dicembre 1970, n. 898”. Sicuramente infelice la tecnica del rinvio adottata in quanto si ripropone amplificata tutta la problematica concernente le conseguenze sanzionatorie di tale reato. Intenso, infatti, il dibattito, dottrinale e giurisprudenziale, sia sul tipo di pena da applicare sia sul regime di procedibilità. L’inadempimento, ai fini della rilevanza della norma, può essere totale o parziale e non richiede alcun connotato di fraudolenza. La giurisprudenza, in particolare, sembra orientata ad un’interpretazione restrittiva della norma, nel senso di ritenere che la rilevanza penale della violazione degli obblighi di natura economica riguardi l’inadempimento dell’obbligo solo nei confronti dei figli minorenni e maggiorenni affidati (vedi Cass.pen., sez. VI, Sentenza del 27/04/2011).