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Animali domestici: cosa fare in caso di separazione e/o divorzio?

Moltissime famiglie in Italia convivono con un animale domestico. Capita, non di rado, che in caso di crisi della coppia, al momento della separazione, divorzio o cessazione della convivenza more uxorio, ci si trovi in difficoltà nel decidere le sorti degli animali domestici presenti nella famiglia: a chi spetta il loro affidamento e mantenimento?

Per rispondere al quesito occorre, preliminarmente, comprendere se gli animali domestici siano da considerarsi beni o soggetti di diritto.

Nonostante la recente modifica intervenuta sull’art. 9 della Costituzione, che ha introdotto un nuovo comma, il cui ultimo periodo stabilisce che “La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”, la questione in giurisprudenza è ancora controversa.

Ci si chiede, infatti, se le rivendicazioni delle parti che possono sorgere in sede di separazione e/o divorzio abbiano ad oggetto diritti e/o interessi propri dell’animale, oppure l’interesse della persona al rapporto con quell’animale. Sicuramente, il Giudice non è tenuto ad affidare l’animale a chi ne risulti proprietario dai documenti anagrafici: infatti gli animali non rientrano tra i beni mobili registrati[1].

Ad ogni modo, nonostante la giurisprudenza ritenga preferibile che le questioni relative all’affidamento degli animali domestici siano tenute al di fuori dell’accordo di separazione e che, piuttosto, siano regolate in uno specifico contratto, ciò non impedisce alle parti di inserire nell’eventuale intesa anche le condizioni che disciplinano il loro affidamento e mantenimento, perché ciò non contrasta con alcuna norma dell’ordinamento. Benché l’affidamento degli animali domestici non possa essere posto sullo stesso piano dell’affidamento dei figli e seguire le stesse regole, tuttavia non lo si può neanche vietare[2]. Le parti, quindi, sono libere di inserire una clausola riguardante l’affidamento e il mantenimento dell’animale direttamente all’interno dell’accordo di separazione/divorzio.

In mancanza di accordo tra le parti, sussistendo una evidente lacuna normativa nel nostro ordinamento, il Giudice può anche decidere di non prendersi carico delle scelte riguardanti l’animale. Tuttavia, nell’ipotesi in cui siano presenti figli che hanno un forte legame affettivo con l’animale, il Tribunale potrebbe prendere una decisione anche in tal senso, nell’ottica del superiore interesse del minore.

Se non vi sono figli minori, invece, il Giudice potrà valutare l’intensità del rapporto con uno dei separandi. La parte che intende ottenere l’affidamento dell’animale da compagnia, dovrà, quindi, alternativamente:

  1. indicare al Giudice le caratteristiche del suo rapporto con l’animale domestico, paragonabile, per certi versi, al rapporto intercorrente con i propri figli, fatte le doverose e ineliminabili differenze;
  2. rappresentare la crisi profonda in cui è caduto a causa della lontananza dall’animale;
  3. dimostrare lo stato depressivo e preoccupante in cui versa l’animale a causa della separazione dal proprio padrone (condizione che può essere certificata da un veterinario).

Le decisioni dei Tribunali sul punto sono ancora le più disparate. Negli ultimi anni, comunque, sono sempre più numerose le sentenze di merito che, affrontando i problemi connessi alla crisi familiare, investono anche gli animali da compagnia presenti nel nucleo, nonché il tema della tutela del rapporto intercorrente tra i membri della famiglia e l’animale stesso.

L’interesse al tema è aumentato parallelamente ad una sensibile evoluzione della concezione sia della relazione fra persona e animale di affezione, che dell’animale in sé, in relazione ai suoi diritti ed al suo benessere.

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[1] Sul punto, era già intervenuto nel 2013 il Tribunale di Milano, Sez. IX Civile, che con decreto di omologa del 13 marzo 2013, emesso in sede di separazione consensuale tra coniugi, aveva affermato: “una interpretazione evolutiva ed orientata delle norme vigenti, impone di ritenere che l’animale non possa essere più collocato nell’area semantica concettuale delle ‘cose’ [..] ma debba essere riconosciuto come essere senziente”.

[2] Il Tribunale di Modena, Sez. II Civile, con decreto dell’8 gennaio 2018, ha omologato il verbale di separazione consensuale fra i coniugi nel quale si stabiliva, oltre all’affido condiviso dei figli minori e l’assegnazione della casa familiare al genitore collocatario, che il cane sarebbe rimasto a vivere insieme ai figli minori nell’abitazione stabilendo a carico dell’altro genitore un contributo al mantenimento non solo per la prole, ma anche per l’animale domestico.